Final chunk of the February 2009 Giorgio Pezzin interview, in Italian.
Concludiamo l'intervista a Giorgio Pezzin del febbraio 2009. Le puntate precedenti, con traccia audio, sono qui: 1, 2, 3, 4. È disponibile anche l'intervista completa in un unico file pdf.
Come sempre potete scaricare l'audio di questa puntata in formato mp3, magari per ascoltarlo sul vostro lettore portatile; oppure, se avete il plugin di flash, potete ascoltarlo direttamente dal vostro browser utilizzando il player qui sotto.
FS: Con Cavazzano avevi questo contatto personale, abitavate così vicino eccetera. Con De Vita?
GP: Con De Vita no, proprio no, ci siamo telefonati tre o quattro volte, per dire. Verso la fine, così, ci trovavamo ai meeting della Disney, ma non avevo nessun contatto con lui.
Niente di paragonabile a questo costruire le storie in treno, spararsi cazzate l’un l’altro?
No, assolutamente. Abbiamo qualche volta parlato durante i meeting a pranzo, “Sarebbe bello fare così”, ecco. Per esempio l’idea di Top de Tops gliel’avevo un pochettino illustrata così durante un pranzo, però ne avevo già parlato prima con Sisto.
Quando tu hai un’idea così, che trascende dalla singola storia, mettiamo i Signori della galassia, Top de Tops, C’era una volta in America eccetera, tu dici: “Beh, questa la vorrei fare con De Vita”?
No. Eppure a un certo momento avevo fatto quasi una simbiosi, con De Vita. Prima abbiamo fatto un po’ di storie sciolte. Poi lui ha cominciato a chiedere le mie storie, e poteva perché De Vita ha sempre avuto un grande potere nella Disney. Allora io, vedendo lui che le disegnava, dopo le facevo pensando a quel disegno. È molto importante avere il disegnatore di riferimento, no?
Certo! Parlando con tuoi colleghi sceneggiatori io ho sempre sentito: “Mah, guarda, io non potevo mai sapere a chi sarebbero andate perché era una decisione del tutto arbitraria della redazione”.
Diciamo che in un certo senso, forse anche per la mia qualità, loro davano le mie storie a De Vita o a Cavazzano, oppure se le prendeva De Vita, perché anche lui ovviamente aveva interesse a lavorare su una storia che gli piaceva. Quindi in un certo senso è stato De Vita che ha scelto me e non vice versa. E quindi è poi diventato automatico: storia di Pezzin, la fa De Vita; perché sono storie particolari, oppure perché facevano parte di una serie. Però io la storia dell’America per esempio non l’ho pensata per De Vita; ma per me era logico che la facesse De Vita. A un certo punto non ho più lavorato con Cavazzano per motivi che esulavano dalla Disney e quindi automaticamente però io mi son cercato (un po’ l’ho cercato e un po’ l’ho trovato) un altro disegnatore di riferimento, che era più o meno bravo come Cavazzano. E infatti devo dire che certe cose che ha fatto De Vita sono state veramente belle.
Per esempio quella storia in cui trovano una moneta antica con l’effigie di Pippo sotto i ghiacci dell’Antartide, quindi molto antica: “L’Atlantide continente perduto”. Secondo me, o secondo queste cose che leggo io, diecimila anni fa un asteroide è caduto sulla Terra e ha fatto sprofondare Atlantide; questo Pippo era uno che aveva previsto questa cosa e ha costruito tante navi che hanno salvato la civiltà. Le navi si sono disperse per il mondo e hanno fondato poi la civiltà egiziana, i Maya, eccetera. Nell’urto si è spostata la Terra per cui anche le costellazioni sono cambiate e quindi non c’è stato più nessun ricordo del passato. E Topolino ha vissuto in diretta questa avventura con la macchina del tempo. Loro trovano questo re, che ha la faccia di Pippo, e poi c’è tutta un’avventura che si svolge perché lui ha degli avversari; ovviamente loro lo riescono poi a salvare e finisce con questo cataclisma che De Vita ha disegnato in modo meraviglioso. C’è questa scena in cui loro salgono su questa piramide e in cima c’è questo osservatorio antico, praticamente un telescopio. Però lui ha fatto due draghi che tengono su il tubo della lente! È come un moderno telescopio, però fatto in modo barocco. E io sono rimasto allibito! “Caspita, guarda che figata ’sta roba, meglio di come io l’avevo immaginata!” Perché io non gli avevo detto “Mettici due draghi”, ce li ha messi lui! Lui ha sempre migliorato le storie. Poi per esempio c’è un’altra scena, non so se ti ricordi anche quella lì, sempre della macchina del tempo, “Topolino e l’intruso spazio-temporale”, in cui Gambadilegno va nel passato e diventa il consigliere di Attila! C’è una scena in cui c’è l’assedio del castello che è una roba fantastica! Presa da Principe Valiant. Me la ricordo perché io ce l’ho, il Principe Valiant. De Vita ci si è messo d’impegno, su ’ste cose qua, e secondo me il risultato è eccezionale. Per questo io poi mi incazzo quando si dice è merito dell’uno o dell’altro. Guarda che queste cose sono un’opera di tutti e due! La storia è bella, poi è bello il tuo disegno che è stato anche, secondo me, ispirato proprio dalla bellezza della storia, nel senso che la capacità secondo me di uno sceneggiatore è anche quella di stimolare il disegnatore in modo da fargli venir fuori il meglio che ha, no? Allora è come un duetto, che se uno è bravo allora l’altro deve essere bravo anche lui, un circolo virtuoso. Questo secondo me è il discorso. Dopo, ti dico, anche il pubblico è relativo; io, quando scrivo una storia, non è che penso al pubblico: penso a divertirmi io!
Le storie migliori vengono fuori così!
Eh, sì! eh, per quello dico che è un bel mestiere.
Avevo anche altre domande per te ma fammi invece concludere con questa da parte del mio amico Marco Barlotti, che tu ricordi:
Vorrei che Pezzin raccontasse qualcosa di come ha gestito il personaggio di Paperinik. Mi sembra che Pezzin sia stato uno degli sceneggiatori (se non lo sceneggiatore) che hanno trasformato Paperinik da anarchico vendicatore mascherato, tipicamente alla Martina, in “bravo supereroe” al servizio della popolazione di Paperopoli, con ronde notturne allo scopo di catturare i malviventi e quant’altro. Bisognerebbe scoprire, 1, se c’è stata un’indicazione redazionale per questa trasformazione; 2, se è stata un’idea di Pezzin o di qualcun altro; 3, se Pezzin si ricorda di un’evoluzione del suo Paperinik; e insomma qualunque aneddoto in proposito sarà utile.
Allora, come è successo sempre per me, non c’era nulla dietro di preparato. Semplicemente, mi venivano meglio le storie così. A me Martina non è mai piaciuto come autore, perché secondo me faceva dei personaggi antipatici. Come ti dicevo prima, a me piace il lieto fine: io voglio essere contento quando leggo una storia a fumetti, non posso incazzarmi perché il personaggio è antipatico o irritante, no? Se tu ti ricordi bene, in molte storie di Martina, Paperone è veramente villano coi suoi nipoti, Paperino è troppo meschino…
Si fregavano l’un l’altro, sì…
Non mi sembravano personaggi appropriati. Non era il discorso dei bambini, perché non avevo ancora sviluppato diciamo così questa teoria, però non mi piacevano perché erano antipatici! Invece i miei eroi e le mie storie devono essere piacevoli, gradevoli, divertenti. Quelle per me non lo erano. Allora io automaticamente ho fatto il Paperinik che piaceva a me. L’idea del vendicatore… Mmmhh… Se per esempio Paperinik avesse colpito, non so, il politico, si sarebbe messo al suo livello. Io avrei preferito magari esplorare la psicologia del politico e inventare qualcosa per cui lui era diventato così, perché lui magari aveva una mamma che… Cioè, l’avrei messa in ridere in questo modo. E quindi Paperinik non poteva vendicarsi di uno che in realtà era una vittima. Preferisco dire: “No, Paperinik è il classico supereroe”, forse perché io avevo letto moltissimo su Nembo Kid, come era chiamato, e quindi avevo quel modello in testa. E quindi automaticamente, ma senza pensarci troppo, l’ho fatto così. Nessuno mi ha detto di farlo, non c’è stato nessun input della redazione, l’abbiam fatto così con De Vita, funzionava bene, era divertente. Forse alcune delle mie storie più belle sono state proprio di Paperinik: mi ricordo “Paperinik e la crisi eroico finanziaria”, in cui Paperinik ha bisogno di soldi e si deve far pagare in anticipo, non so se ricordi la storia; per me è stata una delle più belle.
De Vita era un paperinikkiano anche con Martina, è quello che veramente lo ha disegnato meglio.
Sì, sì, e secondo me dopo però, con me, lui si è divertito di più. Mi ha scoperto con Paperinik, secondo me, anzi ci siamo scoperti a vicenda.
Passare un intero pomeriggio con Giorgio dà modo di apprezzare in pieno il suo dirompente dinamismo, un’energia creativa che sprizza fuori in tutte le direzioni e che egli stesso sembra stentare a contenere. Cerco sempre di portare il discorso su ricordi importanti, momenti belli, emozioni ed idee e Giorgio, raccontando, si infervora: inizia una frase e la lascia a metà per aprirne un’altra, e un’altra ancora, seguendo i suoi pensieri che guizzano velocissimi, come i suoi intensi occhi azzurri, superando le parole che sono troppo lente per tener dietro. Me ne rendo conto appieno quando, a casa, trascrivo l’audio dell’intervista: un parlare sincopato, entusiasta, frenetico come un’avventura di Paperoga: Giorgio inizia la frase e poi, accennato quel che basta, interrompe e intercala continuamente con un complice “no? ” oppure “hai capito? ”, quasi voglia inconsciamente assicurarsi che io gli stia ancora mentalmente dietro e in perfetta sintonia con lui, pronto a riempire mentalmente i puntini di sospensione di ciò che egli ormai non perde nemmeno tempo a dire per poter passare come un allegro mitragliatore alle parole della frase successiva. Perché Giorgio è così, pieno di entusiasmo e dotato di un’innata capacità di far risuonare il suo pubblico con ciò che racconta. Non è il narratore didascalico che aulicamente declama con lo sguardo perso nel vuoto: è invece l’inarrestabile, dirompente cabarettista che guarda gli spettatori negli occhi e li trascina mentre racconta gesticolando, come fanno quelli bravi quando raccontano le barzellette. I pezzi dell’intervista a cui sono più affezionato, infatti, sono quelli in cui, tutto “gasato” (per usare la sua terminologia), mi racconta di come tirava fuori una battuta dietro l’altra in un inarrestabile crescendo, di come nascevano le storie più divertenti e i nomi più strampalati, di come lui e Cavazzano sparavano cazzate in treno sotto gli sguardi sospettosi degli sconosciuti compagni di scompartimento che però, alla fine del viaggio, erano anche loro tutti a ridere. La dirompente creatività di Giorgio, che unisce la curiosità insaziabile del ragazzino sveglio all’abile manualità dell’artigiano, si esprime anche in un eclettismo di sapore leonardesco. Per diciotto anni, insieme alla moglie, gestisce un negozio di modellismo (del quale, prima dell’apertura, i due costruiscono da zero tutto l’arredamento). La successiva avventura li vede realizzare dei bassorilievi, poi esposti e venduti in apposita galleria d’arte. Giorgio apre anche un sito web, http://www.fumettiestorie.com, sul quale realizza, con l’aiuto tecnico del figlio che è un informatico professionista, un innovativo portale “pay per view”, nel tentativo di offrire storie a fumetti “dal produttore al consumatore” saltando l’intermediario dell’editore tradizionale. A prescindere dalle considerazioni che ciascuno indipendentemente farà sulla fruibilità del fumetto su supporto non cartaceo e sulle potenzialità tecnico/commerciali dell’iniziativa, mi ha molto colpito l’immaginazione e l’apertura mentale con cui il quasi sessantenne sceneggiatore si dedica all’esplorazione e alla reinvenzione delle nuove possibili forme verso le quali il fumetto potrebbe evolvere nel corso del suo secondo secolo di vita. L’idea di animare individualmente le vignette in Flash può piacere o non piacere ai lettori del fumetto tradizionale ma è comunque indice di una ammirevole volontà di continuare a rimettersi in discussione ed esplorare modi nuovi di raccontare storie. Pur essendo docente universitario di informatica ho imparato quel pomeriggio da Pezzin un sacco di cose che fino ad allora ignoravo sui moderni programmi di rendering tridimensionale: da bravo ex-modellista mi ha mostrato gli incredibili risultati che gli appassionati riescono al giorno d’oggi a raggiungere, bit dopo bit, convincendomi che il futuro del fumetto non potrà permettersi di continuare ad ignorare del tutto questi strumenti—così come, alcuni decenni fa, i musicisti più inclini a sperimentare adottarono gli strumenti elettronici che i loro colleghi guardavano con malcelato scetticismo. Grazie, Giorgio, per le storie divertentissime che tutti i tuoi lettori ben ricordano e per l’entusiasmo, la creatività e la fantasia che continui a mettere in tutto ciò che fai!
Le immagini tratte dai fumetti disneyani sono © Disney. Le fotografie sono © Francesco Stajano.
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