2009-08-21

Don Rosa gennaio 2008, parte 1

This is a translation into Italian of part 1 of my January 2008 interview with Don Rosa, but with the addition of a few more images. I am grateful to Maria Teresa Satta for the translation.

Questa è una traduzione in italiano del primo episodio della mia intervista a Don Rosa del gennaio 2008, ma con l'aggiunta di qualche altra immagine. Sono grato a Maria Teresa Satta per la traduzione.

Il testo introduttivo qui sotto è stato scritto nell'aprile 2008; nel frattempo sono stato da Don una quarta volta e alcune delle nuove foto provengono anacronisticamente da questa ulteriore visita.


Ho avuto il privilegio di essere ospite di Don Rosa nella sua casa di Louisville per tre volte: nel 1996, nel 2000 e più di recente nel 2008. Nel gennaio scorso ho trascorso un simpatico weekend con Don, Ann e il loro serraglio di animali, dei quali il mio preferito è il cacatua bianco di nome Gyro (Archimede).

È stato bellissimo poter ammirare le creazioni di Don a dimensione naturale, e giocare a trovare i D.U.C.K. con lui che guardava da sopra la mia spalla e si lamentava quando li trovavo troppo velocemente (“Ci ho messo un sacco di tempo a nascondere questo, e tu me lo trovi in pochi secondi!”; ma ce n’erano altri che non avrei potuto trovare senza un suo suggerimento…).

Suppongo che prima o poi dovrò scrivere qualcosa sul lavoro più recente di Don: i suoi magnifici poster compositi di Zio Paperone, tutti basati su episodi tratti dalle storie di Barks, che sono stati da poco pubblicati in vari paesi Europei, per esempio su un calendario del 2008 in Finlandia.

Ma non divaghiamo, e arriviamo all’argomento del podcast di oggi.

Quando sono stato dal Don nel 1996, stavo raccogliendo materiale per il libro che stavo scrivendo insieme a Leonardo Gori e Alberto Becattini, Don Rosa e il rinascimento disneyano (Comic Art, 1997). Per quel libro intervistai Don varie volte: una volta nel suo soggiorno mentre guardavamo alcuni suoi vecchi lavori pre-Disney, una volta nella sua biblioteca (Don ed io a Louisville e Leonardo a Firenze, usando un programma di chat sul computer di Don) e poi altre due volte via email dopo essere tornato a Cambridge. Tutte e quattro queste interviste furono incluse nel libro. Tuttavia il libro oggi non viene più ristampato, la casa editrice non esiste più, e per finire il testo non era neppure in inglese; insomma, non credo che molti di voi avranno la possibilità di leggerlo.

Così stavolta, più di dieci anni dopo, ci siamo seduti sulle poltrone dello studio di Don e abbiamo acceso il registratore, d’intesa che l’intervista sarebbe stata pubblicata sul web sia come testo che come audio. Cominciai con alcune domande sui suoi poco noti inizi pre-disneyani, naturalmente senza preoccuparmi se una parte di questo materiale era già comparsa sul libro. In realtà voglio approfittare di questa occasione per integrare e illustrare l’intervista con vario materiale che ho ricevuto da Don nel 1996 (in particolare alcune cose che non ho potuto includere nel libro, e che vengono quindi pubblicate per la prima volta qui sul blog).

Abbiamo chiacchierato un bel po’; quindi, per esigenze di ascolto e di trascrizione, ho deciso di dividere l’intervista in blocchi di circa dieci minuti ciascuno. (Tenete presente che ogni blocco richiede dieci minuti per l’ascolto, ma ha richiesto svariati giorni di amoroso lavoro per prepararlo alla pubblicazione…)

Eccoci dunque qui con la prima puntata! Scaricatene l'audio in mp3 o ascoltatelo direttamente nel browser con il pippolino flash che trovate qui sotto.

FS: Bene, che giorno è oggi? Domenica 20 gennaio 2008. Siamo qui nello studio di Don Rosa, dove tutte le sue famose storie sono state create, e stiamo facendo una piacevole chiacchierata. E’ la terza volta che vengo qui, e voglio farti alcune domande che ti ho già fatto molte volte in passato. Ti ho intervistato in varie occasioni, sia di persona che via email. Non ti dispiace se ti rifaccio alcune domande?

DR: Assolutamente no!

È perché penso che sarebbe interessante per chi ascolta l’intervista poter sentire le risposte direttamente dalla tua voce, piuttosto che leggerle soltanto.

Va bene, se si… divertono con così poco, li accontento volentieri!

Vogliamo cominciare dall’inizio, con la tua prima storia sui paperi che è stata pubblicata, il Figlio del Sole?

Sì…

Tu hai cominciato a scrivere fumetti abbastanza tardi, in confronto alla maggior parte degli altri autori, perché… avevi avuto molte cose da fare!

Sì, certo, visto che non intendevo farne un mestiere di cui vivere: era solo un hobby! E ho cominciato molto presto a scrivere fumetti per hobby; intendo dire che, da che ho memoria, ho sempre fatto fumetti! E come hai visto ho ancora materialmente gli albi a fumetti che ho disegnato quando avevo forse cinque o sei anni! Divenni molto presto un cartoonist dilettante, probabilmente prima di chiunque altro; ma molto tardi un professionista, perché pensavo che sarei sempre stato solo un dilettante.

Quindi, questi fumetti che facevi solo per te stesso, le cose affascinanti che abbiamo qui nel libro, sono state create ai tempi della scuola; ma poi hai cominciato anche a disegnare fumetti amatoriali che pure altri potessero leggere.

Proprio così: quelli che facevo da ragazzino, di cui abbiamo appena parlato, erano solo per mio divertimento; nessuno li vedeva e io non li mostravo agli amici. I miei genitori, come sai, pensavano che fosse una perdita di tempo, lo facevo solo per divertirmi.

Ma poi, quando cominciai… ebbene, anche alla scuola elementare (sono andato a una scuola cattolica privata, esclusivamente maschile, che comprendeva le scuole elementari e quelle di grado superiore) lavoravo per il giornalino della scuola superiore, perché non c’era nessun altro che sapesse disegnare bene quanto me, o in modo così comico. Così alcune mie cose furono pubblicate quando avevo 10 o 11 anni.

Che genere di cose?

Illustrazioni per il giornale della scuola; le abbiamo mai guardate insieme?

Penso di no.

Oh, c’è un’altra scatola piena di roba in cui dovremo frugare, un giorno o l’altro.

E poi, naturalmente, alla scuola superiore, avevo smesso del tutto ma… penso di essere stato la prima “matricola” in assoluto a lavorare nel giornale del liceo, perché non avevano mai avuto un disegnatore del primo anno… stavo ancora per dire “bravo quanto me”; in realtà non è che fossi bravo ma ero l'unico a farlo; sai come si dice, “nella terra dei ciechi, l’orbo è re!” [ride]. E poi ancora, quando andai al college, ricordo che il primo giorno che misi piede nel campus andai a…

Scusa, che tipo di fumetti disegnavi quando eri una matricola?

Niente fumetti, solo illustrazioni per accompagnare gli articoli. Bisognava fare vignette singole senza personaggi fissi, non una storia a fumetti.

Quindi qualcuno scriveva un articolo, e te lo dava dicendoti: “illustralo”?

Sì.

Disegna qualcosa che ci vada bene insieme”.

Esatto.

Hai ancora qualcuno di quei disegni?

Come ti dicevo, credo di sì, è solo che non me li avevi mai chiesti!

Allora dopo li cerchiamo?

Certo!

Bene, allora dopo lo facciamo.

Allora, all’Università di Louisville---oops, mi sono dimenticato a quale college sono andato!

All’Università del Kentucky, ingegneria civile, il primo giorno che andai al campus, prima ancora che i corsi iniziassero, mi recai direttamente da quelli che si occupavano di giornalismo, entrai e chiesi loro se… ovviamente ero solo una matricola, ma chiesi se avevano bisogno di un disegnatore satirico.

Ricordo che erano molto, molto interessati; sai, non ci sono affatto problemi a trovare redattori sportivi, direttori responsabili e così via; ma mi dissero che trovare un vignettista era cosa rara!

Così, il primo numero del giornale del college che uscì quando non ero che un misero studentello appena iscritto, aveva un mio disegno.

Sono certo di averli tutti, ogni singolo disegno! Ma erano vignette di satira politica e io, a quei tempi, non mi interessavo molto di politica. Ero ancora, più o meno, interessato solo ai fumetti. Anche oggi, non bado molto alla politica però… i Repubblicani mi hanno costretto a diventare anti-Repubblicano. Intendo dire che non mi occupavo delle beghe dei vari partiti quando i Repubblicani erano semplicemente il partito sbagliato. Ma durante l’amministrazione Bush sono diventati realmente malvagi, ho avuto molte animate discussioni con gli amici e nonostante non disegni più satira politica, se all'epoca fossi stato così infervorato su quest'argomento come lo sono ora, sarei stato un vignettista satirico davvero impegnato e mi sarei divertito molto, perché io semplicemente odio i Repubblicani. Non sono proprio pro-Democratico, solo anti-Repubblicano.

Vorrei essere stato più attento alla politica a quei tempi; ma allora mi interessava solo disegnare e far vedere alla gente i miei disegni, visto che, da quando avevo memoria, facevo disegni che però nessuno vedeva mai! Ora c’erano persone che non vedevano l'ora di pubblicare ciò che disegnavo, così mi dicevano di cosa trattava il loro articolo e mi davano indicazioni su come avrebbe dovuto essere la vignetta. Spero di aver dato qualche contributo anch’io, credo che mi dicessero cosa il disegno avrebbe dovuto comunicare e io lo realizzavo secondo il mio modo personale di esprimermi ma… sicuramente non disegnavo per professare una fede in cui non credevo, sai; diciamo che non ci credevo tanto fermamente quanto loro. Quindi ero un vignettista satirico, direi un cattivo vignettista visto che non mi interessavo di politica, cionondimeno vinsi un premio di livello nazionale al secondo o terzo anno di college: miglior disegnatore di satira politica di un giornale universitario dell’intero Paese, ce l’ho conservato qui da qualche parte.

Avevi sui 18-19 anni?

Vediamo, era… sì, tra i 19 e i 20, nel 1969… no, hai ragione, ne avevo 18 [ride]. No, doveva essere la fine del 1969, quindi ne avevo 19… 18… non importa!

Era lo stesso giornale che più tardi pubblicò i tuoi fumetti?

Sì, è lo stesso che, dopo un paio d’anni che mi faceva fare vignette, indussi a fare ciò che volevo io, pubblicare fumetti! Quindi è lo stesso per cui feci “the Pertwillaby Papers”, per cui disegnai la prima versione del “Figlio del Sole”.

Hai sempre detto che al giornale volevano “qualcosa di più simile a Doonesbury”.

Certo, mi assunsero per fare una strip del tipo di Doonesbury e credo di aver iniziato…

Ti assegnarono quel tipo di lavoro perché avevi già fatto satira politica in forma di piccole scenette, e quindi ti dissero: “Se vuoi fare fumetti, falli così”?

Certo! Erano i redattori di un giornale universitario, ma io stavo lì solo per divertirmi, loro per prepararsi alla loro futura professione! Stavano cercando di fare buona impressione, dovevano produrre quel tipo di lavori che un giorno potessero impressionare favorevolmente qualche direttore di giornale per riuscire a farsi assumere, perciò non gl’interessava che io facessi fumetti d’evasione, dovevo farne che sviluppassero tematiche sociali, come Doonesbury! Che fu la prima “striscia” d’un quotidiano ad avere contenuti sociali; di fatto, a Louisville, non s’era mai visto Doonesbury nella pagina dei fumetti, perché in questo tipo di Stato del Sud (non che qui ci si trovi proprio nel Sud), si pensava che i fumetti non dovessero avere alcun significato: erano puro intrattenimento. Doonesbury era molto popolare, non si poteva ignorarlo, ma aveva dei contenuti politici, e questi non erano adatti alla pagina dei fumetti: erano riservati alla pagina dell’editoriale. Non ne sono sicuro, ma forse è ancora così! Comunque, come sai, i redattori del giornale universitario mi avrebbero permesso di realizzare una striscia a fumetti solo se avesse avuto contenuti politici. Cominciai col presentare un cast di personaggi, personaggi bizzarri, simili a quelli di Doonesbury, quelli erano proprio i primi anni in cui Doonesbury veniva pubblicato. Ma a metà del primo semestre trasformai il tutto in una storia avventurosa, molto simile a quelle di Zio Paperone con Archimede, penso. In realtà sono sicuro di avertela mostrata, se ti ricordi, c’è un edificio in cui il personaggio principale deve introdursi. L’edificio era quello dell’archivio del college, ma io lo disegnai come il deposito di Paperone, senza il simbolo del dollaro sulla facciata---sai, solo per mio divertimento personale: vedevo il tutto come un tipico colpo dei Bassotti che cercano di entrare nel deposito.

E che cosa ne pensarono i lettori del giornale?

Uhmmm… i lettori… per quanto ricordo, per tutta la durata dei miei studi universitari, ma anche quando facevo Capitan Kentucky e altre cose per riviste amatoriali, la reazione dei lettori era di totale indifferenza. Non sapevo mai se qualcuno stava leggendo qualcosa di mio, non mi arrivava mai alcun commento. Ma se mi stai chiedendo della reazione dei redattori, ti rispondo che non gli piaceva, perché non era che roba d’evasione. Si erano accorti che non avevo alcuna intenzione di infilarci delle tematiche sociali e quindi erano… almeno non ne soppressero la pubblicazione, mi lasciarono terminare il semestre. Io finii la storia e poi quando tornai il semestre successivo, pronto per iniziare con la nuova avventura… ero pronto per il Figlio del Sole, stavo preparando la storia; avevo creato il mio cast di personaggi negli episodi del primo semestre, ed ora era il secondo semestre dove mi accingevo a scrivere una storia alla Zio Paperone. Quando rivelai il mio progetto, mi dissero che non la volevano perché era semplicemente roba divertente (solo in teoria però!) e quindi smisi. Se non la volevano… capisci, persi semplicemente l’interesse a continuare: i fumetti di contenuto politico non mi attiravano così tanto.

Quindi questa avventura, nella tua mente, era come quelle di Zio Paperone?

Sì; è difficile ricordare esattamente come la concepivo ma certamente era di quel tipo. Posso vedere Zio Paperone nel cast, tra i personaggi. Certo non la immaginavo come una storia che un giorno avrei trasformato in un’avventura di Paperone; sapevo che era impossibile. Non avevo intenzione di fare il cartoonist per professione, era solo qualcosa da fare mentre ero al college; non lavoravo mica per un editore di fumetti, il solo pensiero era al di là dell’immaginazione! Le case editrici di fumetti erano qualcosa che aveva a che fare con New York o roba del genere... la pubblicazione dei fumetti Disney si era già più o meno conclusa in America: nel 1970 o 1971 erano ormai solo ristampe.

Le immagini di “Pluto at the store” e di “the Pertwillaby Papers” provengono da fotocopie fornitemi da Don nel 1996 e sono © Don Rosa. Le immagini dei personaggi Disney sul calendario finlandese e sulla copertina del nostro libro sono © Disney. Le fotografie e l'intervista sono © Francesco Stajano. La traduzione dall'inglese all'italiano è © Maria Teresa Satta ed è anch'essa rilasciata sotto la stessa licenza Creative Commons (BY-NC-ND) del testo originale.

1 comment:

gongoro72 said...

complimenti a tutti per lo splendido lavoro... e a Don Rosa per essere Don Rosa!!!