2009-08-25

Don Rosa gennaio 2008, parte 2

This is a translation into Italian of part 2 of my January 2008 interview with Don Rosa, but with the addition of several new images: page by page, one of the very first comics that Don Rosa wrote and drew! I am grateful to Gingerin Rogers for the translation.

Questa è una traduzione in italiano del secondo episodio della mia intervista a Don Rosa del gennaio 2008, ma con l'aggiunta di diverse nuove immagini: pagina per pagina, uno dei primissimi giornalini scritti e disegnati da Don Rosa! Sono grato a Gingerin Rogers per la traduzione.

Il testo introduttivo qui sotto è stato scritto nel giugno 2008.


Almeno avevo detto chiaramente nel primo post di questo blog che, conoscendo gli altri miei impegni, non avrei potuto postare molto spesso, così non mi scuso per questo. Per me questo è un lavoro fatto per passione nei confronti di Don e dev'essere fatto bene o non essere fatto per niente. Mi ci sono voluti due mesi per trovare il tempo di trascrivere, annotare ed illustrare il prossimo pezzo. Oh bè, se solo fossi in pensione....

Un suggerimento per gli stimati membri di questa piccola platea di amanti dei fumetti: caricate gli spezzoni audio dell'intervista in un angolino del vostro lettore mp3, teneteli lì ed ascoltateli più e più volte, quando ne avete voglia. L'ho fatto io stesso, con l'intervista in cuffia quando vado in bici all'università, e l'ho trovato davvero divertente! Primo, è un po' come tornare nello studio di Don con lui, che per me è sempre fantastico anche se ho già ascoltato la conversazione (o, addirittura, vi ho preso parte). Secondo, c'è sempre qualcosa in più che si scopre solamente al secondo, terzo, o quarto ascolto, o forse una parte sulla quale ci si è fatti un appunto mentale di approfondire ma della quale più tardi ci si è dimenticati. Secondo me vale davvero la pena riascoltare più volte Don.

Quando ho postato la prima parte dell'intervista in aprile, Don era appena stato operato per il distacco della retina. La bolla di gas che ne risultò ci mise molte settimane a ridursi e scomparire ma lo fece giusto in tempo per farlo partecipare ad un festival di fumetti a Copenaghen lo scorso weekend. (Ci sono fotografie dell'evento sul sito di Sigvald Grøsfjeld; per quanto mi riguarda, all'epoca ero a New York). Sono così felice che stia migliorando al punto di poter volare! Spero che la sua vista continui a migliorare e che la sua guarigione sia completa.

Andrò a trovare Don di nuovo alla fine del mese (giugno 2008). Sebbene sia abbastanza sicuro di non riuscire a finire di trascrivere l'intervista di gennaio prima di allora, se avete domande per lui sentitevi liberi di postarle come commenti su questo blog. Se me lo permetterà, gli chiederò di rispondervi a viva voce, e poi posterò le risposte in una futura edizione del podcast.

Ad ogni modo, senza ulteriori chiacchiere, qui c'è la seconda parte dell'intervista di gennaio.Scaricate l'audio in mp3 o riproducetelo direttamente nel browser usando l'applicazione in flash qui sotto.

FS: Non era una novità per te considerare le avventure di Carl Barks in termini di avventure che si sarebbero potute disegnare con altri personaggi umani, come [quelle] che abbiamo tirato fuori 10 anni fa quando sono venuto qui per il libro...

DR: Oh! già! Intendi nel senso che quando ero ancora alle scuole medie, a 13 o 14 anni, fu quando uscirono le prime ristampe dei fumetti di Carl Barks, l'edizione di Best of Donald Duck and Uncle Scrooge a metà degli anni '60, ed è quando mi ero già liberato di tutti i fumetti della mia infanzia perchè... non è il tipo di cosa che avrei fatto, ho incontrato almeno un amico che sapeva di non volersi disfare delle cose della sua infanzia, sapeva che quelle cose sarebbero state importanti per tutta la vita. Io questo non lo sapevo. Pensavo che le cose che ti piacciono da bambino, ti piacciono perchè sei un sempliciotto [ride]. Inoltre i fumetti, devo precisare, come ho detto, i fumetti alla fine degli anni '60 non erano così belli com'erano quando ero... davvero non erano altrettanto belli, anche le storie di Carl Barks non erano così belle com'erano 10 anni prima.

Inoltre stavi leggendo fumetti vecchi a causa di tua sorella, non li stavi leggendo in tempo reale.

Be’, mia sorella non comprava più fumetti, così cominciai a comprarli io; e quando iniziai a cercarli per conto mio potei vedere che i fumetti Disney non sembravano belli come prima. Però all’epoca ero interessato ai fumetti di Superman e quelli erano fumetti con... erano fumetti d’avventura e ben disegnati però avevano anche continuità... Ah, questa è sempre una cosa pericolosa di cui parlare: la gente oggigiorno pensa allo stile di continuità del fumetto Marvel, dove l’intero universo è strettamente connesso. Non era quel tipo di continuità, era semplicemente che, quando qualcosa era citato in una storia, poteva poi venire menzionato in un’altra storia, semplicemente questo! E questo per me era più interessante del modo in cui persino Carl Barks faceva un fumetto, dove un’avventura vissuta dai paperi non veniva mai più menzionata. Al contrario, in una storia di Superman, [qualcosa] come la città imbottigliata di Kandor veniva magari usata di nuovo un anno più tardi, o c'erano altri riferimenti alla Kriptonite o... di solito Superman faceva riferimento a quando fece questo, a quando tornò a Kripton con la macchina del tempo l’ultima volta. Questo mi piaceva davvero! In realtà non mi piace lo stile Marvel, duro, continuità severa, della quale i critici, almeno quei pochi, mi accusano sempre. Poichè sebbene io pensi che sappiano di essere in torto, io faccio solo.... è un po’ come Mort Weisinger, era l’editore di Superman negli anni ’50, è quello stile di continuità molto vaga, è semplicemente normale, quello che ti aspetteresti, perchè la totale mancanza di continuità in un fumetto Disney non è naturale. Pensavo che non fosse naturale perfino quando li leggevo da bambino! [Uhm, come siamo arrivati qui?] Oh, stavo parlando di come persi interesse nei fumetti perchè mi ero spostato su quegli altri così mi disfeci di tutti i fumetti con i quali ero cresciuto quando iniziai a collezionare i... okay, questa è la ragione principale per la quale me ne sbarazzai: perchè quando andai al negozio di fumetti usati, quel negozio che è sempre nei bassifondi della città, poichè mio padre era cresciuto lì lui era felice di portarmi nel ghetto o nel quartiere povero; shh, avanti, non è così male ma, sai, è veramente la parte sordida della città, sai, proprio vicino a questo negozio di fumetti c’erano le follies, come vuoi chiamarli, gli spogliarelli, gli strip bar, in tutta la zona, ma, voglio dire, lui era venuto su lì in città e quindi sapeva che andava bene portarmi lì, non saremmo stati ammazzati; non credo che mi avrebbe permesso di entrare nello strip bar ma non si sarebbe preoccupato se fossi entrato nel negozio di fumetti o nella libreria accanto. In ogni modo, la ragione per la quale vendetti i fumetti di mia sorella credo non sia perchè stessi cercando di disintossicarmi da loro ma che, quando entrai per acquistare alcuni Superman usati, scoprii che potevo averne due per uno, o meglio uno per due: portando due fumetti, potevo averne uno gratis. u così che scaricai i fumetti di mia sorella: li portavo laggiù, e poi ne ricevevo la metà in cambio senza spendere soldi! Così credo che questa sia la ragione principale per la quale diedi via i fumetti di mia sorella. In ogni modo, credo fosse il 1965, la Gold Key pubblicò il Best of Donald Duck and Uncle Scrooge. Ed effettivamente non lo vidi sullo scaffale delle nuove uscite: effettivamente lo vidi usato, aveva solo un mese, in quel negozio di fumetti usati, mentre cercavo dei Superman. E lo presi e, a meno che non mi sbagli, c’erano stampate quelle due storie: il motivo per cui catturò il mio sguardo fu che c’era Il cimiero vichingo che era la mia storia preferita di Paperino. In effetti quando diedi via tutti i fumetti di mia sorella ce ne furono due dai quali non potei sopportare di separarmi: uno era il Cimiero vichingo e l’altro era La disfida dei dollari. I miei due giornalini preferiti di Paperino!

E questo è quello che abbiamo trovato prima; così potremmo parlarne più tardi.

Già! Ma in ogni modo, il cimiero vichingo era quella che era stata ristampata e questo attirò la mia attenzione perchè era la mia storia preferita; me la guardo e vedo che dice che è la storia scelta dalla redazione o qualcosa del genere, tipo la più classica storia di Paperino; allora penso: così, ad altre persone piace quella storia? Forse sono... forse mi piaceva per più motivi di... che ero solo un ragazzino stupido. Forse era una buona storia, e avevo avuto buon gusto... e poi guardai cos’altro c’era nella pubblicazione e c’era Il segreto del vecchio castello e quella era effettivamente una storia più vecchia di quelle che aveva mia sorella, lei iniziò forse un anno o due dopo la sua pubblicazione, nel 1948, e la guardavo e... non avevo mai visto una storia di Paperino come quella! Aveva l’atmosfera di un vecchio film, faceva paura, non era “carina” ed era molto più dettagliata, come disegni, dei lavori successivi di Barks! Così portai a casa quel fumetto e quello che mi porgi qui nella rivista [pagina 29 del libro italiano su Rosa] è un esempio di... tutto quello che volevo era la gioia di raccontare da me quella storia. Ma lo affrontai in un modo strano, sai, le idee che vengono ai ragazzi, non sai spiegarle, ma pensavo che se avessi semplicemente copiato quella storia, con i miei personaggi nei miei libretti a fumetti, sarebbe stato divertente ed avrei partecipato alla narrazione della storia, sebbene stessi copiando la storia. Creavo nuove parti, ci sarebbero state parti che avrei raccontato in maniera diversa, credo che il cattivo sarebbe stato ucciso, come in un film.

Forse è un po’ come certi quattordicenni o sedicenni che, ascoltando musica veramente buona alla radio, vogliono prendere la chitarra e risuonarla e forse fare delle variazioni, così all'impronta...

Okay, certo! Ma io non lo feci mai, non mi è mai interessata la musica come il rock’n’roll, ma un sacco di gente lo faceva, volevano... solo per il puro divertimento di creare quello stesso suono, non erano troppo interessati in quel momento (questo sarebbe arrivato più tardi) a creare la loro propria musica, volevano la gioia di sentire quei suoni uscire dalle loro mani e poi questo li avrebbe spinti a dire “oh è così fantastico, se cambiassi un pochino qui, e aggiungessi questo” e poi più tardi ebbero qualche... questa [analogia] è ottima! Ma io, era coi fumetti che me la godevo.

Sono queste le cose che erano nelle agendine che tuo padre portava dall’ufficio che ora possiamo vedere ed erano solo per tuo divertimento? Nessuno le ha mai viste?

Esatto! Nessuno le vide.

Il primo a vederle sono stato io, quando stavo scrivendo il libro 10 anni fa?

Tu sei stato uno dei primi. Immagino che li avevo mostrati a Ray, ai miei amici, ai miei amici collezionisti di fumetti, avevo mostrato loro quello che facevo e tuttavia nessuno si è mai fermato a guardarne uno da cima a fondo.

Glieli avevi mostrati come: “Ecco, dacci un’occhiata” sfogliando le pagine o glieli avevi dati e “ridammeli la prossima volta”?

No, nessuno li ha mai letti. E sono sicuro che quelli che facevo a otto o nove anni fossero impossibili da leggere. Voglio dire, per me avevano un senso perchè sapevo cosa stava succedendo. E se li guardo ora forse posso farmi un’idea su dove stavo andando a parare e forse li posso capire ma se ne guardo alcuni non avrei idea di com’è la storia perchè, sai, non è spiegato chiaramente.

L'intervista prosegue più sotto. Ma qui, in anteprima mondiale, eccovi per intero uno di questi giornalini disegnati da Don quando era bambino! Fa una tenerezza incredibile... non credo che ci siano molti altri fumettari Disney che ci abbiano fatto vedere i goffi ma entusiastici disegni che facevano quando sapevano a malapena leggere e scrivere...

The interview continues below. But here, as a world first, in its entirety, is one of these booklets that Don did when he was a little kid! It's incredibly cute... I don't think many other Disney comics artists ever showed us the clumsy but enthusiastic drawings they did when they were barely able to read and write...

Notare lo scudetto "DR" nella pagina di apertura della storia. Lo ritroveremo anche sulle copertine degli altri albi, fin dai più antichi.

Note the "DR" shield in the splash page of the story. We'll encounter it again on the covers of all the booklets, even the oldest ones.

E questa era la prima storia. Naturalmente il giornalino aveva più storie! Finché non finivano le pagine.

And this was the first story. Of course the comic had more stories! Until it ran out of pages.

Notate come le storie siano inframmezzate da pubblicità, ad esempio per gli involontariamente esilaranti "caned beans", errore di ortografia per "canned beans" che suona come "fagioli bastonati" invece che "fagioli in scatola"; questo perché, come egli mi raccontò, in televisione c'erano sempre le pubblicità fra una storia e l'altra e quindi Don pensava che questo fosse il modo in cui si dovessero raccontare le storie!

Note how the stories are interspersed with ads (for the unintendedly hilarious "caned" beans, for example...)---because, as he told me, on TV there were always ads between the stories so he thought that that's how stories had to be told!

Si noti l'eufemismo che il bambino beneducato usa in luogo dell'imprecazione regolamentare... Lo fa ancora!

Note the euphemism used by the polite little boy instead of the regular swear word... He still does!

Questa del pollo fritto, come quella dei fagioli bastonati, dovrebbe risultare familiare a chi, a suo tempo, lesse il nostro libro...

That fried chicken one, like the one of the caned beans, should be familiar to those who read our book at the time...

Ed eccoci qui alla fine di questo storico documento! Grazie ancora a Don per avermi aperto i suoi archivi. Ecco Don che esamina da vicino il volumetto che stavo fotografando, sul tavolino del suo "caveau dei fumetti". Quale pagina sta guardando? Chi sarà l'occhio di lince che per primo ce lo dirà nei commenti? :-)

So we got to the end of this historic document! Thanks again to Don for granting me access to his archives. Here is Don scrutinizing the booklet I was taking pictures of, on the small table of his "comics vault". What page is he looking at? Which eagle-eyed blog reader will be first to tell us in the comments? :-)

...ed ora torniamo all'intervista.

...and now back to the interview.

Ma già, mio padre portava dall’ufficio questi registri bianchi, erano come diari, agende giornaliere, ma il fatto era che le pagine erano bianche invece che rigate, vedi, non c’erano righe sulle pagine così ogni pagina era vuota ed era già un libro rilegato così era divertente poter mettere... avevo iniziato dapprima a farlo su fogli separati che poi univo assieme ma non credo di aver avuto una cucitrice, credo che li cucivo assieme.

Li abbiamo visti, alcuni erano cuciti, già!

Erano cuciti con filo di lana, nemmeno con filo normale! Ma poi mio padre mi mostrò uno di questi libri e da quel momento ho usato questi registri vuoti ed era come quei Big Little Books che avevamo in America, che erano dei fumetti ma con una sola illustrazione per pagina. Erano piccoli, non erano libri di grande formato, così c’era una vignetta per pagina, ma erano libri grossi, devi spiegare che non erano libri sottili come un fumetto, erano grandi, grossi, centinaia di pagine. Così feci un libro col Cimiero vichingo con i miei personaggi e un po’ dei miei personali colpi di scena e poi feci un altro libro col Segreto del vecchio castello con i miei personaggi e forse un paio di scene extra e così via.

Bene. Così, abbiamo iniziato tutto questo viaggio a ritroso nel tempo perchè volevamo parlare di te che arrivavi al Figlio del Sole, giusto?

Okay.

Così abbiamo visto la prima versione del Figlio del sole, poi hai fatto Lancelot, poi hai avuto un altro...

La prima versione era a scuola [nel giornale]; eravamo arrivati al punto in cui stavo preparando il terreno per raccontarla e poi mi dissero che non la volevano, così rimasi fuori per il resto di quell’anno; era il secondo semestre del penultimo o ultimo anno delle superiori. E poi, nel semestre successivo, c’era un nuovo direttore! Così tornai e dissi: mi piacerebbe fare le vostre vignette satiriche e mi piacerebbe fare una striscia a fumetti; e quella volta dissero “okay”! Questo era un direttore non troppo serio: voleva essere un tipo diverso di direttore. Forse il primo voleva essere il tipo direttore interessato all'editoriale e quindi aveva una prospettiva molto più seria per quanto mi riguarda; e questo nuovo direttore era più generalista, tipo “metti insieme un giornale piacevole”, perchè ci sarebbero dovute essere parti con commenti seri alle notizie e poi notizie serie e forse qualcosa di inutile...

Ora, solo per curiosità, ti ricordi chi fossero queste persone?

Certo!

Sai se abbiano mai saputo che stavano coltivando il Don Rosa che sarebbe diventato famoso in tutto il mondo?

No! Tuttavia c’è una cosa divertente: non ho più sentito nulla dall’Università del Kentucky! E immagino che qualcuno abbia fatto loro notare che una delle storie di Zio Paperone apparentemente più famose al mondo, la mia primissima storia (e la mia carriera, comunque la si voglia definire, nacque da lì), venne pubblicata per la prima volta sul loro giornale. Immaginavo che quei giornalisti ventenni l'avrebbero trovata una storia interessante e che avrebbero voluto intervistarmi, specialmente al giorno d’oggi in cui si ritiene che i fumetti siano di moda. Sebbene non molta gente li legga, sono ancora considerati di moda ed un affare: tutti i film su Superman e Batman e L’Uomo Ragno... naturalmente io non faccio l’Uomo Ragno, io faccio questo cavolo di Paperino! Che è probabilmente quello che [pensano]; se qualcuno mai glielo mostrasse, direbbero: “Paperino! Chi vuole leggere questa roba!” Sai, in America, nessuno legge quel tipo di fumetti o addirittura sa che siano mai esistiti. Ma mi sorprendo che nessuno dal Kentucky Kernel, così era chiamato, un gioco di parole, è un chicco o granello di informazione ed è anche il Kentucky Colonel c-o-l-o-n-e-l (colonnello) [invece che] k-e-r-n-e-l (chicco, stessa pronuncia, NdT)...

Quello del Kentucky Fried Chicken (Pollo Fritto del Kentucky)?

Già, il Colonnello Sanders è un’imitazione di un vecchio Colonnello del Kentucky. Poi c’è il chicco, come un chicco di mais, di informazione; in ogni modo sono sorpreso che nessuno abbia mai voluto intervistarmi al riguardo.


I personaggi Disney sono © Disney. I personaggi non Disney sono © Don Rosa. Le fotografie e l'intervista sono © Francesco Stajano. La traduzione dall'inglese all'italiano è © Gingerin Rogers ed è anch'essa rilasciata sotto la stessa licenza Creative Commons (BY-NC-ND) del testo originale.

2009-08-21

Don Rosa gennaio 2008, parte 1

This is a translation into Italian of part 1 of my January 2008 interview with Don Rosa, but with the addition of a few more images. I am grateful to Maria Teresa Satta for the translation.

Questa è una traduzione in italiano del primo episodio della mia intervista a Don Rosa del gennaio 2008, ma con l'aggiunta di qualche altra immagine. Sono grato a Maria Teresa Satta per la traduzione.

Il testo introduttivo qui sotto è stato scritto nell'aprile 2008; nel frattempo sono stato da Don una quarta volta e alcune delle nuove foto provengono anacronisticamente da questa ulteriore visita.


Ho avuto il privilegio di essere ospite di Don Rosa nella sua casa di Louisville per tre volte: nel 1996, nel 2000 e più di recente nel 2008. Nel gennaio scorso ho trascorso un simpatico weekend con Don, Ann e il loro serraglio di animali, dei quali il mio preferito è il cacatua bianco di nome Gyro (Archimede).

È stato bellissimo poter ammirare le creazioni di Don a dimensione naturale, e giocare a trovare i D.U.C.K. con lui che guardava da sopra la mia spalla e si lamentava quando li trovavo troppo velocemente (“Ci ho messo un sacco di tempo a nascondere questo, e tu me lo trovi in pochi secondi!”; ma ce n’erano altri che non avrei potuto trovare senza un suo suggerimento…).

Suppongo che prima o poi dovrò scrivere qualcosa sul lavoro più recente di Don: i suoi magnifici poster compositi di Zio Paperone, tutti basati su episodi tratti dalle storie di Barks, che sono stati da poco pubblicati in vari paesi Europei, per esempio su un calendario del 2008 in Finlandia.

Ma non divaghiamo, e arriviamo all’argomento del podcast di oggi.

Quando sono stato dal Don nel 1996, stavo raccogliendo materiale per il libro che stavo scrivendo insieme a Leonardo Gori e Alberto Becattini, Don Rosa e il rinascimento disneyano (Comic Art, 1997). Per quel libro intervistai Don varie volte: una volta nel suo soggiorno mentre guardavamo alcuni suoi vecchi lavori pre-Disney, una volta nella sua biblioteca (Don ed io a Louisville e Leonardo a Firenze, usando un programma di chat sul computer di Don) e poi altre due volte via email dopo essere tornato a Cambridge. Tutte e quattro queste interviste furono incluse nel libro. Tuttavia il libro oggi non viene più ristampato, la casa editrice non esiste più, e per finire il testo non era neppure in inglese; insomma, non credo che molti di voi avranno la possibilità di leggerlo.

Così stavolta, più di dieci anni dopo, ci siamo seduti sulle poltrone dello studio di Don e abbiamo acceso il registratore, d’intesa che l’intervista sarebbe stata pubblicata sul web sia come testo che come audio. Cominciai con alcune domande sui suoi poco noti inizi pre-disneyani, naturalmente senza preoccuparmi se una parte di questo materiale era già comparsa sul libro. In realtà voglio approfittare di questa occasione per integrare e illustrare l’intervista con vario materiale che ho ricevuto da Don nel 1996 (in particolare alcune cose che non ho potuto includere nel libro, e che vengono quindi pubblicate per la prima volta qui sul blog).

Abbiamo chiacchierato un bel po’; quindi, per esigenze di ascolto e di trascrizione, ho deciso di dividere l’intervista in blocchi di circa dieci minuti ciascuno. (Tenete presente che ogni blocco richiede dieci minuti per l’ascolto, ma ha richiesto svariati giorni di amoroso lavoro per prepararlo alla pubblicazione…)

Eccoci dunque qui con la prima puntata! Scaricatene l'audio in mp3 o ascoltatelo direttamente nel browser con il pippolino flash che trovate qui sotto.

FS: Bene, che giorno è oggi? Domenica 20 gennaio 2008. Siamo qui nello studio di Don Rosa, dove tutte le sue famose storie sono state create, e stiamo facendo una piacevole chiacchierata. E’ la terza volta che vengo qui, e voglio farti alcune domande che ti ho già fatto molte volte in passato. Ti ho intervistato in varie occasioni, sia di persona che via email. Non ti dispiace se ti rifaccio alcune domande?

DR: Assolutamente no!

È perché penso che sarebbe interessante per chi ascolta l’intervista poter sentire le risposte direttamente dalla tua voce, piuttosto che leggerle soltanto.

Va bene, se si… divertono con così poco, li accontento volentieri!

Vogliamo cominciare dall’inizio, con la tua prima storia sui paperi che è stata pubblicata, il Figlio del Sole?

Sì…

Tu hai cominciato a scrivere fumetti abbastanza tardi, in confronto alla maggior parte degli altri autori, perché… avevi avuto molte cose da fare!

Sì, certo, visto che non intendevo farne un mestiere di cui vivere: era solo un hobby! E ho cominciato molto presto a scrivere fumetti per hobby; intendo dire che, da che ho memoria, ho sempre fatto fumetti! E come hai visto ho ancora materialmente gli albi a fumetti che ho disegnato quando avevo forse cinque o sei anni! Divenni molto presto un cartoonist dilettante, probabilmente prima di chiunque altro; ma molto tardi un professionista, perché pensavo che sarei sempre stato solo un dilettante.

Quindi, questi fumetti che facevi solo per te stesso, le cose affascinanti che abbiamo qui nel libro, sono state create ai tempi della scuola; ma poi hai cominciato anche a disegnare fumetti amatoriali che pure altri potessero leggere.

Proprio così: quelli che facevo da ragazzino, di cui abbiamo appena parlato, erano solo per mio divertimento; nessuno li vedeva e io non li mostravo agli amici. I miei genitori, come sai, pensavano che fosse una perdita di tempo, lo facevo solo per divertirmi.

Ma poi, quando cominciai… ebbene, anche alla scuola elementare (sono andato a una scuola cattolica privata, esclusivamente maschile, che comprendeva le scuole elementari e quelle di grado superiore) lavoravo per il giornalino della scuola superiore, perché non c’era nessun altro che sapesse disegnare bene quanto me, o in modo così comico. Così alcune mie cose furono pubblicate quando avevo 10 o 11 anni.

Che genere di cose?

Illustrazioni per il giornale della scuola; le abbiamo mai guardate insieme?

Penso di no.

Oh, c’è un’altra scatola piena di roba in cui dovremo frugare, un giorno o l’altro.

E poi, naturalmente, alla scuola superiore, avevo smesso del tutto ma… penso di essere stato la prima “matricola” in assoluto a lavorare nel giornale del liceo, perché non avevano mai avuto un disegnatore del primo anno… stavo ancora per dire “bravo quanto me”; in realtà non è che fossi bravo ma ero l'unico a farlo; sai come si dice, “nella terra dei ciechi, l’orbo è re!” [ride]. E poi ancora, quando andai al college, ricordo che il primo giorno che misi piede nel campus andai a…

Scusa, che tipo di fumetti disegnavi quando eri una matricola?

Niente fumetti, solo illustrazioni per accompagnare gli articoli. Bisognava fare vignette singole senza personaggi fissi, non una storia a fumetti.

Quindi qualcuno scriveva un articolo, e te lo dava dicendoti: “illustralo”?

Sì.

Disegna qualcosa che ci vada bene insieme”.

Esatto.

Hai ancora qualcuno di quei disegni?

Come ti dicevo, credo di sì, è solo che non me li avevi mai chiesti!

Allora dopo li cerchiamo?

Certo!

Bene, allora dopo lo facciamo.

Allora, all’Università di Louisville---oops, mi sono dimenticato a quale college sono andato!

All’Università del Kentucky, ingegneria civile, il primo giorno che andai al campus, prima ancora che i corsi iniziassero, mi recai direttamente da quelli che si occupavano di giornalismo, entrai e chiesi loro se… ovviamente ero solo una matricola, ma chiesi se avevano bisogno di un disegnatore satirico.

Ricordo che erano molto, molto interessati; sai, non ci sono affatto problemi a trovare redattori sportivi, direttori responsabili e così via; ma mi dissero che trovare un vignettista era cosa rara!

Così, il primo numero del giornale del college che uscì quando non ero che un misero studentello appena iscritto, aveva un mio disegno.

Sono certo di averli tutti, ogni singolo disegno! Ma erano vignette di satira politica e io, a quei tempi, non mi interessavo molto di politica. Ero ancora, più o meno, interessato solo ai fumetti. Anche oggi, non bado molto alla politica però… i Repubblicani mi hanno costretto a diventare anti-Repubblicano. Intendo dire che non mi occupavo delle beghe dei vari partiti quando i Repubblicani erano semplicemente il partito sbagliato. Ma durante l’amministrazione Bush sono diventati realmente malvagi, ho avuto molte animate discussioni con gli amici e nonostante non disegni più satira politica, se all'epoca fossi stato così infervorato su quest'argomento come lo sono ora, sarei stato un vignettista satirico davvero impegnato e mi sarei divertito molto, perché io semplicemente odio i Repubblicani. Non sono proprio pro-Democratico, solo anti-Repubblicano.

Vorrei essere stato più attento alla politica a quei tempi; ma allora mi interessava solo disegnare e far vedere alla gente i miei disegni, visto che, da quando avevo memoria, facevo disegni che però nessuno vedeva mai! Ora c’erano persone che non vedevano l'ora di pubblicare ciò che disegnavo, così mi dicevano di cosa trattava il loro articolo e mi davano indicazioni su come avrebbe dovuto essere la vignetta. Spero di aver dato qualche contributo anch’io, credo che mi dicessero cosa il disegno avrebbe dovuto comunicare e io lo realizzavo secondo il mio modo personale di esprimermi ma… sicuramente non disegnavo per professare una fede in cui non credevo, sai; diciamo che non ci credevo tanto fermamente quanto loro. Quindi ero un vignettista satirico, direi un cattivo vignettista visto che non mi interessavo di politica, cionondimeno vinsi un premio di livello nazionale al secondo o terzo anno di college: miglior disegnatore di satira politica di un giornale universitario dell’intero Paese, ce l’ho conservato qui da qualche parte.

Avevi sui 18-19 anni?

Vediamo, era… sì, tra i 19 e i 20, nel 1969… no, hai ragione, ne avevo 18 [ride]. No, doveva essere la fine del 1969, quindi ne avevo 19… 18… non importa!

Era lo stesso giornale che più tardi pubblicò i tuoi fumetti?

Sì, è lo stesso che, dopo un paio d’anni che mi faceva fare vignette, indussi a fare ciò che volevo io, pubblicare fumetti! Quindi è lo stesso per cui feci “the Pertwillaby Papers”, per cui disegnai la prima versione del “Figlio del Sole”.

Hai sempre detto che al giornale volevano “qualcosa di più simile a Doonesbury”.

Certo, mi assunsero per fare una strip del tipo di Doonesbury e credo di aver iniziato…

Ti assegnarono quel tipo di lavoro perché avevi già fatto satira politica in forma di piccole scenette, e quindi ti dissero: “Se vuoi fare fumetti, falli così”?

Certo! Erano i redattori di un giornale universitario, ma io stavo lì solo per divertirmi, loro per prepararsi alla loro futura professione! Stavano cercando di fare buona impressione, dovevano produrre quel tipo di lavori che un giorno potessero impressionare favorevolmente qualche direttore di giornale per riuscire a farsi assumere, perciò non gl’interessava che io facessi fumetti d’evasione, dovevo farne che sviluppassero tematiche sociali, come Doonesbury! Che fu la prima “striscia” d’un quotidiano ad avere contenuti sociali; di fatto, a Louisville, non s’era mai visto Doonesbury nella pagina dei fumetti, perché in questo tipo di Stato del Sud (non che qui ci si trovi proprio nel Sud), si pensava che i fumetti non dovessero avere alcun significato: erano puro intrattenimento. Doonesbury era molto popolare, non si poteva ignorarlo, ma aveva dei contenuti politici, e questi non erano adatti alla pagina dei fumetti: erano riservati alla pagina dell’editoriale. Non ne sono sicuro, ma forse è ancora così! Comunque, come sai, i redattori del giornale universitario mi avrebbero permesso di realizzare una striscia a fumetti solo se avesse avuto contenuti politici. Cominciai col presentare un cast di personaggi, personaggi bizzarri, simili a quelli di Doonesbury, quelli erano proprio i primi anni in cui Doonesbury veniva pubblicato. Ma a metà del primo semestre trasformai il tutto in una storia avventurosa, molto simile a quelle di Zio Paperone con Archimede, penso. In realtà sono sicuro di avertela mostrata, se ti ricordi, c’è un edificio in cui il personaggio principale deve introdursi. L’edificio era quello dell’archivio del college, ma io lo disegnai come il deposito di Paperone, senza il simbolo del dollaro sulla facciata---sai, solo per mio divertimento personale: vedevo il tutto come un tipico colpo dei Bassotti che cercano di entrare nel deposito.

E che cosa ne pensarono i lettori del giornale?

Uhmmm… i lettori… per quanto ricordo, per tutta la durata dei miei studi universitari, ma anche quando facevo Capitan Kentucky e altre cose per riviste amatoriali, la reazione dei lettori era di totale indifferenza. Non sapevo mai se qualcuno stava leggendo qualcosa di mio, non mi arrivava mai alcun commento. Ma se mi stai chiedendo della reazione dei redattori, ti rispondo che non gli piaceva, perché non era che roba d’evasione. Si erano accorti che non avevo alcuna intenzione di infilarci delle tematiche sociali e quindi erano… almeno non ne soppressero la pubblicazione, mi lasciarono terminare il semestre. Io finii la storia e poi quando tornai il semestre successivo, pronto per iniziare con la nuova avventura… ero pronto per il Figlio del Sole, stavo preparando la storia; avevo creato il mio cast di personaggi negli episodi del primo semestre, ed ora era il secondo semestre dove mi accingevo a scrivere una storia alla Zio Paperone. Quando rivelai il mio progetto, mi dissero che non la volevano perché era semplicemente roba divertente (solo in teoria però!) e quindi smisi. Se non la volevano… capisci, persi semplicemente l’interesse a continuare: i fumetti di contenuto politico non mi attiravano così tanto.

Quindi questa avventura, nella tua mente, era come quelle di Zio Paperone?

Sì; è difficile ricordare esattamente come la concepivo ma certamente era di quel tipo. Posso vedere Zio Paperone nel cast, tra i personaggi. Certo non la immaginavo come una storia che un giorno avrei trasformato in un’avventura di Paperone; sapevo che era impossibile. Non avevo intenzione di fare il cartoonist per professione, era solo qualcosa da fare mentre ero al college; non lavoravo mica per un editore di fumetti, il solo pensiero era al di là dell’immaginazione! Le case editrici di fumetti erano qualcosa che aveva a che fare con New York o roba del genere... la pubblicazione dei fumetti Disney si era già più o meno conclusa in America: nel 1970 o 1971 erano ormai solo ristampe.

Le immagini di “Pluto at the store” e di “the Pertwillaby Papers” provengono da fotocopie fornitemi da Don nel 1996 e sono © Don Rosa. Le immagini dei personaggi Disney sul calendario finlandese e sulla copertina del nostro libro sono © Disney. Le fotografie e l'intervista sono © Francesco Stajano. La traduzione dall'inglese all'italiano è © Maria Teresa Satta ed è anch'essa rilasciata sotto la stessa licenza Creative Commons (BY-NC-ND) del testo originale.

2009-08-15

Giorgio Pezzin February 2009, part 1

The interview with Don Rosa is far from over but we now interleave it with another one. This is the first part of my February 2009 interview, in Italian, with the famous Disney (and non-Disney) author Giorgio Pezzin, to whom in May we awarded the Premio Papersera 2009. (An English translation may some day appear here too, but no promises yet.)

Nel febbraio 2009 ho avuto il piacere di fare visita a Giorgio Pezzin, il geniale autore di alcune fra le storie più demenzialmente divertenti mai comparse su Topolino, e di conoscere la sua moglie nonché fedele compagna di avventure e a volte anche coautrice Manuela Marinato. Che bella coppia! Affiatati, innamorati e simpaticissimi.

Nell’intervista che segue, pubblicata in apertura del volume che abbiamo dedicato a Pezzin per il Premio Papersera 2009, abbiamo rivisitato i momenti più significativi della quasi quarantennale carriera dell’autore, a partire dal fatidico incontro con Cavazzano ai tempi del liceo dal quale nacquero le indimenticabili storie con Paperino e Paperoga nonché numerose serie extra-disneyane. Abbiamo poi parlato dei suoi lavori con De Vita nonché delle serie Winx e Colleverde alle quali Giorgio attualmente lavora dopo la conclusione del suo rapporto con la Disney. Questo ci ha dato lo spunto per esplorare la filosofia di fondo con cui egli costruisce le sue storie e si pone di fronte ai suoi giovani lettori.

Come è consuetudine per questo podcast, potete scaricare l'audio in formato mp3 di questa prima fetta dell'intervista, magari per ascoltarlo sul vostro lettore portatile; oppure, se avete i plugin giusti, potete ascoltarlo direttamente dal vostro browser utilizzando il player incorporato qui sotto nella pagina stessa.

Per cominciare, Giorgio mi mostra una libreria piena di fumetti in cui ciascun giornalino contiene almeno una sua storia. Gli chiedo quale sia il più antico e tira fuori il primo fascicolo della lunga fila dei Topolini. Iniziamo allora a parlare del suo esordio nei fumetti.

GP: Io dovevo lavorare con Cavazzano, fare il ripassatore; ho provato ma poi ho detto “Guarda, non ho tempo” perché io dovevo anche studiare, non potevo fare anche questo.

FS: Eri al liceo in quel periodo, giusto?

Praticamente ero al primo anno di università, perché mi pare fosse il 1968. Allora io dico: “Provo a scrivere una sceneggiatura”. Io non sapevo che bisognava scrivere prima il soggetto! Ho fatto la sceneggiatura e l’ho spedita a Gentilini.

Ti ha aiutato qualcuno a metterla insieme?

No, ho fatto una fatica terribile. Avevo visto una sceneggiatura che Cavazzano mi aveva prestato. (Non credo che fosse di Cimino perché Cimino le disegnava lui.) Allora io, sulla base di com’era scritta quella, ho fatto la mia. È stato veramente un parto! Poi l’ho spedita, così, e non ho più avuto notizie. I particolari non me li ricordo più, però mi ricordo che dopo due anni mi hanno risposto.

E questa era la visita distruttiva?

No, era le distruzioni a catena, questa storia qua!

Il fascicolo TL 736 (1970) che pubblica la prima storia sceneggiata da Pezzin.

Non quella di Cavazzano. E mi arriva una letterina della Disney che dice “Abbiamo visto una sua sceneggiatura e il direttore ha deciso di ricompensargliela con ottantamila lire”. Io sono rimasto a bocca aperta!

Era tanto o poco?

Era tanto! Perché mio padre penso che guadagnasse cento o duecentomila lire al mese, fai conto. Per cui ottantamila lire era una cifra enorme!

Per uno studente, poi!

Si, caspita! Mi dicono: “Se viene a Milano, magari possiamo anche incontrarci”. E così sono andato a Milano, mi sono messo il vestitino bello, sai, proprio il classico ragazzino perbene (l’ho scritto anche sul mio sito) e lì mi ricordo che mi ha ricevuto Gentilini insieme all’Elisa Penna.

E tu avevi 18 anni?

Io avevo 18 o 19 anni. C’era Gentilini seduto e la Penna in piedi dietro di lui. Mi guardavano come se fossero papà e mamma, sai? Io ero proprio il classico…

…stile prima comunione…

…avevo addirittura un vestitino col panciotto, una cosa che adesso non si usa più, era roba proprio di altri tempi! Io raccontavo a loro le storie che avevo in mente ed ero talmente infervorato mentre raccontavo che loro secondo me hanno apprezzato proprio questo mio entusiasmo, che adesso poi io vedo magari in altre persone. È stata una cosa così. Poi, grazie al fatto che mi disse “Me ne faccia delle altre!”, allora poi abbiamo fatto quelle cose con Cavazzano.

E quella prima storia fu dunque questa che mi stai facendo vedere, di Gatto, delle distruzioni a catena? Perché in tutti i resoconti, non so se persino sul tuo sito, si dice che quella che fece l’anticamera per tanti anni fu invece la visita distruttiva.

I TL 947-A, Paperino e la visita distruttiva, 1974.

No, quella fu la prima con Cavazzano!

Epppure, nella tua scheda su quel libro dei Disney italiani, quello giallo di Boschi, Gori e Sani, è scritto: “la prima fu spedita a Mondadori nel 1968 ma una risposta arrivò solo 2 anni dopo e fu pubblicata nel giornale nel 1974, Paperino e la visita distruttiva.”

No, è sbagliato, un errore di titolo. Io ho sempre pensato questo perché questa qui è una storia che parla di visite, di distruzioni a catena.

I TL 736-B, Paperino e le distruzioni a catena (1970).

Paperino e le distruzioni a catena, disegni di Luciano Gatto, comparve il 4 gennaio 1970. Quindi erano giustamente 2 anni dopo, perché 1974 sarebbero stati sei anni dopo, bella differenza. E tu Gatto non sapevi nemmeno chi fosse?

No, non sapevo chi fosse. Io addirittura mi ero anche dimenticato della storia perché ormai, passati due anni, figuriamoci… Infatti io poi ho cominciato a lavorare e le mie storie sono uscite dopo, nel ’72 mi pare. Adesso io gli originali non li ho più, anche perché io non ero convinto di fare il fumettaro: pensavo a fare l’ingegnere, un domani, quindi non ci badavo più di tanto a tenere un archivio o cose del genere. Mio papà ci rimase un po’ male…

Tuo papà era pure lui ingegnere?

No, no, mio papà era orologiaio, un artigiano! Aveva un banchetto in casa dove riparava gli orologi. Mio papà, dicevo, c’è rimasto un po’ male, devo dire, secondo me…

Che tu sia passato a fare il fumettaro?

Beh, questo sì, sicuramente; ma sicuramente è rimasto male del fatto che io ho preso ottantamila lire facendo una storia a fumetti!

È rimasto un po’ invidioso! “Io mi faccio il mazzo facendo la persona seria…”

Eh sì! Io alla fine guadagnavo parecchio di più di lui facendo fumetti perché facevo 5 fumetti al mese! Facevo Topolino, poi Walkie e Talkie, poi Smalto e Jonny, poi lavoravo per Bonelli… Ma mio padre avrebbe desiderato molto di più che facessi l’ingegnere serio.

E come avevi scelto l’ingegneria edile?

Io in realtà nel 1968 mi volevo iscrivere ad architettura perché io ero bravo a disegnare, mi piaceva creare, mi sentivo creativo, quindi l’idea mia era di fare architettura. Sono andato a iscrivermi e ho trovato il casino del ’68! Mi ricordo che c’era un’assemblea in cui sono andato anch’io. E c’erano i collettivi, “Occupiamo!”, e io sono intervenuto in assemblea e ho detto: “Ragazzi, a me va bene tutto, però io devo laurearmi, devo sbrigarmi, mio padre è un artigiano, qua cosa pensate di fare? ” Mi hanno preso di peso e buttato fuori! Non ci doveva essere una voce dissenziente. Beh, allora vado a ingegneria.

Torniamo a queste storie con Cavazzano dell’inizio della tua carriera. Ci sono delle battute favolose qui! Rileggiamoci queste tavole…

[Questa parte venne abbreviata per la stampa nel libro, perché solo per iscritto non avrebbe reso bene, ma invece è qui in tutta la sua gloria nella versione audio: misi sotto al naso a Giorgio delle riproduzioni di queste due tavole, che sono fra le mie favorite di sempre e che da oltre quindici anni tengo appese alle pareti del mio ufficio; e gli chiesi di leggermele, dalla viva voce dell'autore. Tengo a precisare che proprio sulla base di questa mia predilezione (o forse meglio venerazione!) per queste due specifiche tavole abbiamo intitolato il libro "Tanto gli strumenti sono solo dipinti".]

I TL 1007-A, Paperoga e il peso della gloria, 1975

I TL 1050-C, Paperoga e l’isola a motore, 1976

Questa è grandiosa! Ma queste battute, come ti venivano? Erano un limare e rifinire o era tutto spontaneo?

No, no, spontaneo, spontaneo!

E poi le provavi su qualcuno e tenevi quelle buone?

No, no, mi sono sempre fidato del mio giudizio: se una cosa mi piace…

Una storia come questa è tutta giocata su queste battute; un po’ di trama c’è, ma la storia è brillante per le battute. Come la costruivi, una storia così?

Qui è stato proprio un... [entrare in risonanza col disegnatore di riferimento.] Ma anche adesso, io non ho un disegnatore di riferimento e mi pare di fare delle belle storie comunque. Secondo me qui nasceva così. “Cosa ti piacerebbe disegnare? ”, chiedevo a Giorgio. Ad esempio questa qui del bombardiere, l’eroico smemorato, è proprio nata così. “Mi piacerebbe tanto disegnare un aereo…” C’era il periodo della Collana Eroica, ti ricordi? Cavazzano mi dice: “Facciamo la storia così”. Allora io inventavo un pretesto.

Io faccio anche dei corsi di fumetto, ogni tanto, e mi chiedono: “Ma come si fa? ” Mah, non c’è un modo, io dico! Francamente non lo so come si fa a pensare queste cose qua! Io credo che la regola fosse quella di partire dalla fine, nel senso di mettere i personaggi in una situazione assurda e poi inventare come ci sono entrati e come ne escono. Prima li metti, non so, in un sottomarino: Paperino e Paperoga dentro un sottomarino atomico; adesso vediamo come ci sono entrati, allora chiaramente lì partivi dalle caratteristiche di Paperone, che deve dare l’incarico. E poi vediamo come uscirne! E l’uscirne è secondo me quel qualcosina in più che hanno avuto le mie storie, cioè il fatto di trovare qualche cosa strana…però qui francamente non so dire come si fa.

I TL 1007-A, Paperoga e il peso della gloria, 1975.

Io all’inizio facevo molta fatica. Proprio mi arrovellavo! Avevo anche delle procedure meccaniche: non so, andavo in bicicletta, mi mettevo a una certa velocità, era proprio un… condizionarmi. E poi una volta ho letto che “l’addestramento crea il cervello”. Tu fai cinquanta volte la stessa cosa e ti si crea nel cervello una specie di cordone di neuroni per cui tu hai un percorso privilegiato e alla fine le cose le fai bene per quello. Io invece ho sempre ramificato il mio cervello perché mi sono trovato tantissime volte in un punto cieco in cui non riuscivo più ad andare avanti e allora avevo la forza di dire (e facevo proprio uno sforzo per dire) butto via tutto e ricomincio da capo.

Butto via tutto, proprio tutta la storia e ne faccio un’altra?

No, non tutta la storia! Diciamo così, a me piaceva molto come ci ero arrivato però poi mi portava in un punto cieco. Allora dovevo buttare via quella cosa che mi piaceva. Poi ne veniva fuori una altrettanto (o più) bella. Per esempio, quando tu studi e fai qualcosa e ti accorgi di essere arrivato a un punto morto, allora bisogna veramente avere il coraggio di dire “No, questo non lo considero, ricomincio, vediamo da un altro punto di vista”. In un certo senso anche creare storie a fumetti è una scuola di vita. La mia fortuna è stata quella di poter riversare in un prodotto fruibile anche da altri quello che in realtà sono poi esperienze che abbiamo tutti. Non so, litighi con la moglie o la morosa, e ti accorgi a un certo momento che ti sei messo in una situazione insostenibile. Allora devi avere il coraggio di mandar giù qualcosa o riconoscere che hai sbagliato e devi ricominciare. Non è vero? È la stessa cosa, sai! Ripeto, secondo me la mia fortuna è stata quella di poter riversare queste esperienze in un prodotto che è arrivato al momento giusto nel posto giusto.

La Disney aveva questi personaggi che si prestavano: anche Paperoga, per esempio, non l’ho inventato io. Diciamo che io e Cavazzano lo abbiamo preso e lo abbiamo portato avanti, sviluppato, però era un personaggio già bello! Ho un ambiente, ho delle motivazioni, il Paperone che manda Paperino e che deve essere sparagnino, poi l’idiota totale… io credo che veramente il patrimonio di questi personaggi sia proprio questo, questa possibilità di essere qualsiasi cosa.


Le immagini tratte dai fumetti disneyani sono © Disney. Le fotografie sono © Francesco Stajano.

2009-08-06

Don Rosa January 2008, part 6 (Captain Kentucky)

As I write this introduction, Don Rosa has just made a reappearance online as a most welcome visitor in the Papersera forum. The official language of the forum is Italian but, fortunately, this does not seem to get in the way of the interaction. With the unofficial demise of the DCML it's nice to have once again a public online place where Don and his fans can meet.

In this episode we go back to discussing Don's pre-Disney days. We already talked about his first character, Lancelot Pertwillaby, which appeared in the student newspaper of Don's university. A few years later, while Don was working in the tile and terrazzo company founded by his grandfather Gioacchino (Keno), Lancelot had a second series of adventures as an unlikely superhero, this time in a real newspaper.

As usual you may download the audio in mp3 format and listen to it on your portable player. Or, with the right plugins, you may listen to it from within your browser using the applet below.

FS: Shall we go back to the times of the beginning of your...

...of the world!

FS: Well, I thought I suggested the beginning of the world and then you went back to before the world existed! [Both laugh] I think I started by leading you into how you got to publish your first story with Gladstone, the Son of the Sun, and then we went back into prehistory and Lancelot Pertwillaby and so on. So, we were leading up to that and saying: OK, you managed to do the first version of the Son of the Sun, with Lancelot, in your university newspaper; and then, I think before we went out for lunch, I was asking you about the second run of Lancelot with Captain Kentucky, and that we didn't talk about yet, and then after that we would lead into you discovering Gemstone.

OK. So, we didn't talk about this for that [1997] book?

FS: Yeah yeah, that's why I said, I apologize if I'm asking you things that I asked you a million times ten years ago. Because now people can hear them from the horse's mouth.

Oh, I got you, ok! So, what came after I was doing the fanzines work? I was doing that [from] 1974 to about 1978 and then, about 1979, the features editor of the local major newspaper called me up. I was already a known local eccentric, a local personality, cartoonist, comic book collector, you know, people had done articles on me now and then. Anyway, he said he wanted to have a weekly newspaper comic strip. And I was the first person he thought of. He called me up and he said I could do anything I wanted, I could suggest anything I wanted, see if he liked it, and he wanted a weekly strip. I think I had two ideas. That's all he said: "Suggest some ideas!". Right away I knew I wanted it to be... it had to be local, I wanted to make it local and I'd use real people and real places; and I think it was either going to be a detective, like a Sherlock Holmes parody, that would involve local personalities and mysteries, or that it was easier to do superhero, that seemed like there'd be more action.

FS: What kind of paper was it that posted this?

It was for the major Louisville newspaper, The Courier-Journal. Actually for The Louisville Times which was the afternoon edition with the C-J being the morning edition. Both papers were owned by the Bingham family. If you were listening carefully last night [when we went into town to watch Shakespeare's Tempest], I'm sure you don't remember but the lady who came down in the theater and introduced the plays said "Thanks to the Barry Bingham foundation" that helped sponsor this play. Barry Bingham was the publisher of both of the main local newspapers. And his morning edition C-J was a major newspaper in the country. I think it was sometimes regarded as one of the five or six most prestigious newspapers in the country. Anyway, it was a major newspaper, not just like some local neighbourhood [paper]. And this was their Scene magazine, sort of the entertainment section of the Saturday paper. A magazine: on newsprint but it's magazine style, folds out, there's articles on movies, cooking, television and interesting articles on lifestyle and everything; and then he wanted to have a comics page which would have all sorts of interesting national cartoons, like Larson's THE FAR SIDE and other national strips that he handpicked as being unique and different; and he wanted to have a local comic strip so he called me. And so I suggested a superhero comic strip; but I also suggested not because I personally wanted more space but I said: once a week, it has to be like a Sunday page. If it's just once a week, we can't get anything done in one tiny strip per week, because I wasn't going to do just gags, it was going to be a continuing story. And he, without any hesitation, he said "Sure!", he'd give me half a page in the paper and I came up with Captain Kentucky. And it was a comedy superhero, and it was Lancelot Pertwillaby again, I mean there was no reference made to the early Lancelot Pertwillaby, I just figured it'd be fun if I used my same character. One reason it was fun was that it was me. Readers didn't know it was me but it was fun to draw myself into these adventure stories. For instance I guess it was fun to draw myself into that Pertwillaby Papers story that I regarded as an Uncle Scrooge adventure. I was the hero of an Uncle Scrooge adventure! It's hard to imagine it was me looking at me now, but that's what I looked like in those days.

FS: So, did it become you at the transition to Captain Kentucky or was it really you already at the time of Lancelot, at university times?

Oh yeah, from the first episode of the Pertwillaby Papers in 1972, I was drawing myself as Lancelot Pertwillaby, yeah!

FS: Consciously making it yourself?

Sure! But nobody knew it was me, it was just an in-joke to myself. Just for the fun of it. Certainly I wasn't doing it because I thought I was handsome! Gosh no, red hair and thick glasses... it was just fun to do. Plus, it looks like an unlikely hero! It's not the person you make the hero of a comic strip. So, like a Woody Allen kind of character. That's why Woody Allen puts himself in his movies: because he was a very unlikely-looking hero, so he is a comedy hero.

FS: When I visited you eight years ago in 2000...

...you thought I was Woody Allen!

FS: No, I thought you were Captain Kentucky! Because you got out your outfit and you had your mantle [= cape] and stuff, you still have it over there I guess...

You remind me I've got a copy of Scene magazine, it's funny I didn't notice it in there when we were flipping through that stack last night... I'm on the cover of Scene magazine in my Captain Kentucky outfit, but bald... as I look now. They did that a couple of years ago.

FS: So, that Captain Kentucky outfit, is that something you did after this was all over or while it was running?

Oh, while it was running! Yeah! My wife made it and I would make some personal appearances on television or at special events as Captain Kentucky. I remember one, they were doing a special series of TV shows, I think it was a local channel, it was one of their anniversaries, thirtieth anniversary or something, and so they were having lots of local celebrities and local personalities come and appear. And I was down at the [TV] station waiting to go on live and there was some group of little girls, seven or eight years old little girls, and they were going to go out and sing, and I was standing there in my Captain Kentucky outfit... Now, you have to know that part of the outfit, the cape, was a Kentucky flag, which I thought would make a really nice flag because the Kentucky flag is possibly one of the only flags of States that has a fringe around it, an old fashioned gold fringe, you know, tassels all the way around it. So that would always be fun to draw as a cape. I was the only superhero with a cape that had tassels all around it! So I'm standing there, waiting to go on air, and this little tiny girl looks up back at me and says "Is that cape you're wearing... is that a Kentucky flag?" I said: "Yes it is! I'm Captain Kentucky!" She said: "Isn't that disrespectful?" [Both laugh!] Now I said "Ah, uhm, er... Excuse me! Where's the window..." [Just at that moment, a bird smacks into the glass pane of one of the windows (!!) of the studio and then flies away, somewhat perplexed] A bird hit the window! That's what I did, I took off, like that!

FS: Did you also hit the window?

Yeah, hit the window, escaping from a little girl!

FS: That would suit Captain Kentucky, I guess...


The images in this blog post are © Don Rosa. I received the signed copies of the three volumes of the Captain Kentucky Collection from Don himself when I visited him in 1996 while writing the book about him (Don Rosa e il Rinascimento disneyano) with Leonardo Gori and Alberto Becattini. The black and white photo of Captain Kentucky flying over what I guess must be Louisville appears on the back of volume 2. The panel in which Lancelot Pertwillaby has acquired super-powers but hasn't realized yet is the one that opens episode 3 (of 150) of Captain Kentucky.